Nutrirsi bene è un’arte… Tanto quanto il nostro blending
Non esageriamo quando parliamo di terminologia BLEND, una pratica riconosciuta come scienza, meglio se accostata al grande estro e genialità del master blender. Come se quest’ultimo fosse un artista, perché serve olfatto, gusto e una corposa raffinatezza per fare un olio di grande qualità.
È come comporre una melodia, si seguono precise sintassi musicali ma si fonde con il talento e l’istinto del compositore. Ed è di questo che si parla: “del saper comporre olio”. Fare Blend non significa mescolare oli, significa trovare le giuste tonalità, sfumature, nuance che possano esprimere un carattere e personalità di un determinato prodotto. Come avviene già per i vini o per il caffè ma ad oggi, solo poche aziende olivicole vantano l’arte di saper fare Blend.
TO BLEND: sost.m.inglese, termine coniato fin dal 1300 circa, relativo a liquidi nel significato di “mischiare tanto da rendere indistinguibile”.
Forse un tempo, un olio extra vergine di oliva era il risultato diretto della natura, oggi invece vi è la professionalità di colui che un olio lo vorrebbe rendere un pezzo unico, dando anche un approccio di natura edonistica. Bisogna far coincidere il valore nutrizionale e salutistico con il gusto e il piacere olfattivo di ogni singolo consumatore. Bisogna assicurare al mercato un olio che non cambi nel tempo, che abbia lo stesso profilo sensoriale, in quanto siamo destinati alle abitudini piuttosto che a sapori completamente diversi e di cui potremmo pentirci dell’acquisto.
A differenza dei monocultivar, in termini di proprietà qualitative, essi possono essere penalizzati dalle annate, dai cambiamenti climatici, dagli agenti parassitari che incidono negativamente sulla campagna di raccolta. Sicuramente i monocultivar hanno un approccio molto territoriale e esprimono tipicità, come accade per le DOP o le IGP ma non promettono un profilo organolettico costante e bilanciato nel tempo. Un esempio può essere il fenomeno della Xylella che in un certo senso ha distrutto determinate categorie di cultivar. Ma se avessimo fatto un olio solo con quella tipologia di varietà di frutto? Cosa sarebbe successo? Annate meno favorevoli possono compromettere parametri chimico-fisico e non garantire lo stesso gusto al consumatore. Per questo fare un Blend significa impiegare più risorse, perché non si può prescindere dalla conoscenza delle diverse cultivar che determinano un processo alchemico e pratico dal quale esordiscono esplosioni di profumi e aromi, emozioni che solo un master blender (“maestro della miscela”) con la sua dote artistica, può regalare.
È interessante, anzi forse la più grande testimonianza di un territorio, produrre un olio da una stessa cultivar, raccogliere e molire nello stesso momento il frutto dal colore oro ma è altrettanto più nobile produrre un grande olio da cultivar e uliveti diversi. Qui c’è genialità, qui c’è professionalità, qui c’è scienza e arte. Il risultato è un olio dal carattere unico, non riproducibile, non simulabile perché è il risultato di una propria maestria. Siamo per il Blend Unico, siamo per il rispetto del gusto personale di ogni singolo consumatore. Di fatti, proponiamo sempre tre differenti tipologie di olio, tutti miscelati con grande passione e linguaggio legato alla conoscenza.
La continuità del blend è importante, mantenere le stesse percentuali di piccante e amaro o dolce, al di là di come si presentano le annate rappresenta una certezza (cosa che non avviene con i monocultivar). La necessità di rendere irripetibile un olio sottopone lo stesso, ad un controllo Panel Test che poche aziende tutt’ora fanno, forse perché troppo dispendioso o forse perchè hanno un regime di produzione molto più semplice. Ad ogni modo, per noi preparare un blend significa metodo e arte di un mestiere, con particolare attenzione alla sostenibilità ambientale e ai trattamenti del tutto biologici. Il Blend studia l’unione di oli extravergine di oliva prodotti da diverse varietà di olive, in proporzioni differenti, oltre a prevedere diversi momenti di raccolta della stessa cultivar (una più anticipata verso settembre per poi effettuare un’altra verso novembre); questo per via di olio che abbia caratteristiche diverse ma che lo rendono comunque equilibrato ed armonico, che possa garantire un’omogeneità di qualità dei profumi e sapori nel tempo. Non siamo per una raccolta che finisce solo ed esclusivamente nel mese di ottobre, siamo per lo studio di ogni singolo componente che dà vita ad un olio di grande intensità, si bilanciano i componenti, si rispettano le diverse gradazioni di invaiature della oliva nei periodi di raccolta, si valuta l’intensità e la persistenza del prodotto, il profilo sensoriale e organolettico.
Quindi un olio extravergine è migliore nella sua forma più pura (monovarietale) o in blend?
“La risposta è che sia gli oli monovarietali e sia i blend risultanti possono essere fantastici, a condizione che tutte le fasi nella lunga catena che porta dal campo alla bottiglia siano state correttamente rispettate; ma il blend ha una marcia in più, offre la possibilità di giungere a risultati ricchi, ampi e variegati, forse non raggiungibili negli oli monovarietali ottenuti da una sola tipologie di olive.”
Le nostre cultivar:
- Frantoio
- Coratina
- Leccino
- Ogliarola
- Nociara
Articolo redatto: Valentina Ferrara, dott.ssa in Marketing e comunicazione aziendale
Bibliografia:
International Magazine Olio Officina: Arte e Scienza del Blend n.05/2018
www.teatronaturale.it; Wikipedia
Foto: Dissapore.it, scattidigusto.it, cucinaitaliana.it, informatoreagrario.it, dievole.it
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