Il Frantoio e il mare…qualcosa che unisce
Siamo in Puglia, precisamente ad Avetrana, terra ionica salentina che si affaccia sul mare.
Torre Colimena – Salina dei Monaci
Siamo in Puglia, precisamente ad Avetrana, terra ionica salentina che si affaccia sul mare.
Torre Colimena – Salina dei Monaci
Avetrana, la “Terra dell’olio” e se in tal modo viene descritta o meglio riconosciuta è dovuto alla presenza di oliveti secolari che consentono la produzione di un olio pregiato e di alta qualità. La stessa produzione olivicola ha tradizioni storiche e antichissime come confermano le lunghe distese di piantagioni di ulivi secolari appartenenti al principe Michele Imperiali (XVIII e XIX secolo); gli alberi presentano forme artistiche singolari, attorniati da muretti a secco, la coltivazione si sviluppa fortemente su ripiani calcarei grazie al clima secco e a suoli pressoché poveri. Ma non solo, Avetrana nel 1857 con una delibera comunale (‘delira del Decurionato’) dà notizia che i luoghi in cui si produceva olio denominati ‘Frantoi Ipogei’ sono ben otto, tra cui la testimonianza più importante risale all’epoca XIII e XIV sec., con il trappeto denominato il “Torrione”.
Esso nasce come Torre di avvistamento, quindi si ritiene che avesse una funzione di difesa attiva dovuta alla sua posizione strategica ed altezza pari a 17 metri; permetteva e ancora oggi permette di volgere lo sguardo tra Porto Cesareo, Gallipoli e le colline di Oria spostando la visione più nell’entroterra riuscendo ad ammirare anche il rispettivo maniero oritano.
Anche se non molto chiare le origini del mastio avetranese possiamo risalire tra 1200 e il 1300, periodo in cui Pietro Tocco (feudatario di Avetrana) guidava e controllava detta torre con il suo presidio militare; da quel momento in poi si succedono varie famiglie e contendenti per il possesso del castello fino ai giorni in cui si concede lo stesso alla signoria Pagano che aggiunge nuovi elementi all’impianto antico. Esso diventa quindi una vera e propria fortezza, idealmente chiuso dal solco del fossato e da un recinto di mura, comunicante direttamente con la campagna.
È formato dalla torre quadrangolare di avvistamento, una torre tonda d’angolo, da un’altra torretta bassa e quadrata di cui non si conosce la funzione e una cortina tra la torre e torretta; siamo intorno alla metà del ‘600 quando succede a Pagano, gli Imperiali che mostrano non molto entusiasmo nel continuare a presidiare l’ambiente per scopi militare ma parte del fossato viene adottato a frantoio oleario.
Avetrana conserva nel suo sottosuolo le testimonianze più antiche dei luoghi in cui si produceva l’olio: “i trappeti ipogei”.
Il primo lo ritroviamo nel complesso fortilizio (Torrione), il cosiddetto “trappeto della Cantina” il quale presenta due sistemi per ricavare l’olio: “calabrese” e “genovese”. Il primo si distingue dal secondo per mezzo di un sistema di pigiatura dei fiscoli, costituito da una batteria di tre presse; il secondo, invece è costituito da una batteria di cinque torchi, metodo che è stato conosciuto intorno la metà del secolo XIX, nell’Italia meridionale.
Dal catasto onciario carolino del 1751 si nota che la produzione era ampia e continuativa, di fatto si smaltivano più 30000 alberi di olivo. Era un prodotto che assicurava olio lampante; veniva imbarcato a Gallipoli per giungere a bruciare nei lampioni stradali dell’allora S.Pietroburgo (Russia). Oggi il ‘Mastio’ è aperto al pubblico per visite guidate e nel contempo conserva la tradizione e la cultura di un mondo antico legato alle generazioni future.
In questo territorio, come in altri nel sud Italia, ad alta vocazione olivicola, il frantoio era il luogo di lavoro prescelto da molti perché teneva occupati dai 5 ai 6 mesi ininterrottamente dopo il lavoro della pesca nei mesi caldi. Sembra atipica l’associazione frantoio/mare ma questa ha una storia ben radicata soprattutto dalle nostre parti. Si tratta di un lessico che è rimasto ancora oggi consuetudinario negli ambienti di lavoro moderni in cui si produce l’olio di oliva. Basti pensare al termine dialettale salentino “Nachiro” che tradotto nella lingua italiana, corrisponde al “Nocchiero” ossia il comandante di una imbarcazione, colui che ha l’incarico di controllo e dei servizi di bordo. Tuttavia anche la “Ciurma”, identificava la squadra (gli operai) presente nel frantoio come il tipico equipaggio di una nave.
La frangitura e pressatura delle olive identificano il momento in cui si ricava l’olio e da cui si divide la parte liquida chiamata acqua di vegetazione, che nel gergo frantoiano viene comunemente chiamata “Sentina”. Nel repertorio navale questo termine viene utilizzato per indicare l’acqua di scolo e ogni altro liquido che si deposita nel fondo della nave. O ancora la “Banchina”, il pontile dove attraccano le imbarcazioni, per i frantoiani è rappresentata dalla “madia in legno” in cui viene depositata la pasta delle olive appena franta, destinata successivamente ad essere pressata per ricavare l’olio.
È un lessico che associa, unisce e definisce; un lessico tra terra e mare che racconta vicende trascorse ma che può durare nel tempo, al servizio delle generazioni presenti e future. In Puglia si contano più di 1.330 frantoi moderni, detiene il primato degli stessi; ciò vuol dire che questa specie di agorà lavorativa è rimasta fedele alla storia e alla scienza elaiotecnica, anche se oggi si prevedono cambiamenti funzionali dal punto di vista tecnologico affinché il prodotto finale sia di elevata qualità.
Autrice dell’articolo: Dott.ssa Valentina Ferrara
Bibliografia: International Magazine OlioOfficina Rivista mensile n.02-2017
Tesi Magistrale “La valorizzazione del territorio avetranese e la sua vocazione turistica”, Valentina Ferrara, 2017
Fotografia di Francesco Parisi e Giovanni Scarciglia
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Via Ludovico Ariosto, Km. 2
74020 AVETRANA (TA)
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74020 Avetrana
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